Come era prevedibile, una delle tracce della maturità 2016 affrontava la questione dei confini e dei migranti. Ma la citazione proposta per la riflessione, tratta da Significati del confine -I limiti naturali, storici, mentali, un testo del 1997 di Piero Zanini (edizioni Bruno Mondadori, Milano), è di una rara aridità.
Una traccia simile non poteva che frenare l’ispirazione dei ragazzi che la sceglievano. Pur essendo uno dei temi più legati alla complessità del nostro mondo, ancora una volta “gli specialisti” (che non si sa in quale mondo vivano e se hanno la licenza media – inferiore) del ministero non hanno perso l’occasione di fare una pessima figura.
Proponiamo di seguito un incisivo, intelligente, ironico e divertente commento di Domenico Quirico, che in poche righe spiega perché si è persa un’altra occasione per riflettere.
Da La Stampa del 22 giugno 2016
Un’occasione persa
di Domenico Quirico
Peccato. Occasione sprecata. Eppure la traccia perfetta per un tema sulla nascita del popolo dei Viandanti, milioni di persone che ci stanno insegnando a infrangere confini e frontiere, a rifiutate con coraggio la definizione di limite dettata dall’altro, a trasgredire i contorni della paura, ad affrontare gli implacabili custodi del Luogo, era a portata di mano. Bastava citare un piccolo brano di ‘’Alice nel paese delle meraviglie’’. Alice stringe in mano la chiave di quel mondo in miniatura ma non può oltrepassare la piccola porta oltre la quale scorge cose meravigliose: finchè non trasformerà se stessa per adattarsi al nuovo mondo… Alice la migrante smaschera la sciarada del potere, denuncia il bluff del paese delle meraviglie e nel disfarlo trova di nuovo se stessa. E si sveglia.
Folgorante, in grado in infiammare l’estro dei ragazzi assai più che questa farraginosa e mediocre distinzione tra confine, fissazione del mio e del tuo, e frontiera, terra della paura e dell’eresia. È, per fortuna, il tempo di coloro che superano la Linea. Di coloro che hanno fatto identità del concetto che il viaggio ci plasma: diventano le frontiere che superano. Una epopea, una esperienza mistica, una rivoluzione.
La Frontiera dei migranti è il richiamo a svegliarsi perché lì è impossibile evitare la verità, i confortanti giacigli del quotidiano, del nostro quotidiano, sono strappati via, a occhi spalancati vediamo le cose come sono. Alla Frontiera veniamo tutti privati della nostra libertà e trasferiti nell’universo del controllo. Chi è al confine ha il compito di dirci chi siamo, entriamo nel pericoloso margine delle cose. La Frontiera di oggi è anonima, denaturante, mette l’umanità a nudo; la Frontiera osserva il via vai della vita, ti spoglia, sei quello che sei, sei quello che fai. E’ così. Questa Frontiera l’abbiamo inventata noi occidentali, i popoli che migrano non la conoscono e non la riconoscono. La loro è la celebrazione della strada aperta: passare da una lingua all’altra, da un modo di vivere all’altro è un passo verso la beatitudine.
Spero che i ragazzi abbiano fatto saltare i limiti angusti della traccia, siano andati santamente fuori tema. Raccontando i viandanti di oggi, il loro inizio continuo, un punto di partenza sempre nuovo. Perché quello che i migranti ci stanno insegnando nel dolore è il coraggio di una rinascita perenne, la fluidità della vita, uno sviluppo costante di indipendenza.