J.B. FOSTER: INTERVISTA “MARX E LA TERRA”

Il quotidiano tedesco Junge Welt ha intervistato John Bellamy Foster sulla distruzione della natura da parte del capitalismo, sul marxismo ecologico dai tempi di Marx ad oggi e sul considerare la crisi ambientale come una questione di classe.
Una spaccatura irreparabile nel metabolismo tra società e natura.

Intervista a cura di Christian Stache

Tu e il tuo collega Paul Burkett avete appena pubblicato il vostro nuovo libro “Marx e la Terra: una anti-Critica”. Il sottotitolo classifica il tuo nuovo libro come una “anti-critica.”
A chi rispondete e, soprattutto, perché rispondete?

JBF: E’ innanzi tutto necessaria un po’ di storia. Dal 1980 è emerso, in primo luogo negli Stati Uniti/Canada e in Europa, e ora in tutto il mondo, quello che è conosciuto come il movimento ecosocialista.
Nella prima fase l’ecosocialismo parte da idee “verdi” sul marxismo, o, talvolta, da idee marxiste inserite nella teoria verde, abbiamo cioè la creazione di una analisi ibrida. Pensatori d’avanguardia come Ted Benton, André Gorz e James O’Connor criticano Marx ed Engels per la loro visione chiusa sulle problematiche ecologiche, o anche per le basi anti-ecologiche del loro pensiero. In generale, la prima fase ecosocialista, pur rappresentando un importante passo avanti, si sviluppa sotto l’egemonia della teoria “verde”. Alcuni, ma non tutti, ecosocialisti al primo stadio erano molto irremovibili nel sostenere che l’ecosocialismo aveva modificato il socialismo classico o il marxismo. L’ecosocialismo in questi casi divenne una sorta di negazione del socialismo classico.
La seconda fase ecosocialista, viene generalmente indicata a partire da “Marx e Natura” (1999) di Paul Burkett e dalla mia “Ecologia di Marx” (2000), presto affiancata da numerosi altri analisti, tra cui figure come Brett Clark, Hannah Holleman, Stefano Longo, Kohei Saito, e Richard York. Elmar Altvater è stato un importante precursore. In questa fase si restituisce ai fondamenti classici del materialismo storico il fine di esaminare il ruolo di analisi ecologica nella struttura profonda di Marx ed Engels nella critica dell’economia politica.
Ciò che è accaduto negli ultimi dieci anni e mezzo o più, è stato un lungo dibattito tra le due correnti ecosocialiste sulla posizione ecologica di Marx, in cui gli ecosocialisti del primo stadio sono stati gradualmente costretti ad aderire ai fondamenti classici su quasi ogni punto. “Marx e la Terra” è per molti versi la fase culminante in questo dibattito. Si tratta di una risposta ad una serie di contrattacchi e pregiudizi persistenti rivolti a Marx ed Engels, in particolare nel settore dell’economia ecologica. Alcuni economisti ecologici come Joan Martinez-Alier e James O’Connor hanno sostenuto che Marx ed Engels non sono riusciti a integrare la termodinamica nelle loro analisi. Allo stesso modo, Engels è stato accusato di aver respinto la seconda legge della termodinamica.
Sono state anche affrontate altre critiche rivolte al materialismo storico classico, come ad esempio l’affermazione di Joel Kovel che Marx ed Engels abbiano escluso qualsiasi nozione di valore intrinseco della natura, o di Daniel Tanuro secondo cui Marx ed Engels ignorano le varie forme qualitativamente diverse di energia, e di John Clark che contesta a Marx di aver negato i rapporti organici tra la natura e la società.

Che cosa costituisce esattamente una “anti-critica”, nel senso come si usa?

JBF: Nella teoria marxiana il concetto di anti-critica ha una lunga storia, associata più direttamente con Rosa Luxemburg nell’”L’accumulazione del capitale”. Contributo alla spiegazione economica dell’imperialismo – Ciò che gli epigoni hanno fatto della teoria marxista. Una anticritica, in cui lei ha risposto ai suoi critici marxisti. Anche se il precedente più noto è l’ Anti-Dühring di Engels che può essere visto come una anti-critica. Una anti-critica nel materialismo storico è un lavoro che si impegna con una critica di una propria prospettiva, e genera un anti-critica come risposta, esplorando il nucleo interno e le basi storiche di entrambe le prospettive. Gli oggetti per ottenere da questi mezzi sono auto-chiarificazione e un grado di auto-critica, insieme con un grande progresso dialettico di comprensione teorica. In questo modo il marxismo ha continuamente approfondito e rivoluzionato il suo punto di vista, si rinnova sia in termini delle sue opinioni fondamentali sia di nuove sfide storiche. Nel nostro caso, però, noi non stiamo rispondendo ad attacchi alla nostra idea, ma alle critiche che gli ecosocialisti del primo stadio hanno rivolto alle analisi ecologiche Marx ed Engels.

Perché pensi che sia necessario contrastare le critiche a Marx, Engels e al marxismo in particolare per quanto riguarda i dibattiti su ecosocialismo/ecologia?

JBF: È come chiedere: Perché è necessario contrastare le critiche a Darwin in relazione alla teoria dell’evoluzione? La risposta dovrebbe essere ovvia: Si tratta di una questione di scienza. Per quanto la teoria evolutiva si sia sviluppata a partire dalla metà del XIX secolo, continuiamo a tornare a Darwin e la sua opera, che genera nuove intuizioni. Questo è uno dei modi in cui la scienza avanza.
Quindi non è solo una questione di difendere Marx ed Engels, o anche il marxismo. Inoltre, rispondendo alle critiche, se l’analisi raggiunge abbastanza in profondità, rivela spesso cose nuove sulle prospettive fondamentali, che ci permettono di avanzare i nostri “programmi di ricerca progressivi”.

In tre dei cinque capitoli principali del libro avete a che fare con le accuse contro “il duo fondatore del materialismo storico” per quanto riguarda il loro studio e la loro relazione con la termodinamica, in particolare rispetto al lavoro del socialista ucraino del 19° secolo Sergei Podolinsky? In breve, quali sono le accuse contro di loro e perché le considerate non valide?

JBF: Podolinsky era un socialista ucraino seguace di Marx e di Engel. (http://www.rproject.it/?p=3928) Egli è meglio conosciuto come il fondatore dell’ economia ecologica a seguito del suo studio “Lavoro umano e l’unità della forza”. Podolinksy inviò una prima bozza del suo manoscritto a Marx nel 1880 e Marx ne prese degli appunti e gli rispose. Podolinsky poi produsse un altro scritto ampliando il progetto che fu pubblicato in francese, seguito da una versione italiana, e una in tedesco nel 1883, pubblicata poco dopo la morte di Marx. C’era anche una edizione russa. Non abbiamo nessun punto di vista di Marx sul manoscritto di Podolinsky perché nessuna di queste lettere è stata ritrovata. Tuttavia, su richiesta di Marx, Engels scrisse due lettere a Marx nel 1882, sul lavoro di Podolinsky,
Engels ha sottolineato i risultati importanti di Podolinsky, ma ha anche criticato il lavoro di Podolinsky per i suoi calcoli grezzi rispetto il consumo di energia in agricoltura. Engels ha sottolineato lo sbaglio di Podolinsky nel prendere in considerazione non solo il metabolismo umano, ma anche di incorporare fertilizzanti e combustibili fossili (soprattutto carbone) nei suoi calcoli. Engels era chiaramente in disaccordo con alcuni degli aspetti estremi dell’analisi di Podolinsky, in cui quest’ultimo vedeva l’essere umano come la “macchina termodinamica perfetta” in grado di “riavviare il proprio focolare.” Podolinsky pensava che l’accumulo di calore solare sulla terra e un possibile aumento della temperatura globale era un segno del progresso umano.
Ciò che è significativo è che Martinez-Alier, James O’Connor e gli altri, hanno sostenuto che Marx ed Engels avevano chiuso un occhio per Podolinsky e, quindi, respinto l’economia ecologica, e con essa una visione ecologica del mondo. Abbiamo dimostrato che questo non è vero nei capitoli del nostro libro, dove si portare alla luce tutta la storia relativa alle discussioni di Marx e Engels rispetto la termodinamica.

Lei scrive che c’è una ”complessa ecologia materialista alla radice del marxismo classico.” Quali sono le intuizioni di base e più importanti di Marx ed Engels per quanto riguarda la distruzione della natura da parte del capitalismo?

JBF: E’ difficile rispondere. Le principali scoperte hanno a che fare con la teoria di Marx sulla divisione metabolica, con la sua analisi sul valore ecologico, con l’analisi dell’imperialismo ecologico, e con lo sviluppo della dialettica dell’ecologia di Marx ed Engels. Il più importante dal punto di vista della prassi è la definizione estremamente radicale di Marx della sostenibilità, in cui ha detto che nessuno possiede la terra, piuttosto la gente deve mantenerla per le generazioni future come buoni padre di famiglia. Il socialismo, per Marx, è stato definito nel Capitale, vol. 3 come una razionale regolamentazione da parte dei produttori associati del metabolismo tra gli esseri umani e la natura, insieme al pieno sviluppo del potenziale umano.
Marx ha adottato il concetto di metabolismo della scienza naturale del suo tempo, sviluppando così una analisi ecologica dei sistemi che ha anticipato i sistemi ecologici di oggi. Il metabolismo di Marx prende la forma di una mediazione dialettica tra il processo di lavoro e della produzione guardato da un punto di vista ecologico e all’interno dei processi naturali nel suo complesso. Mentre il “metabolismo sociale” alienato del capitalismo si manifesta come una “spaccatura irreparabile” nel rapporto umano con la natura attraverso la produzione capitalista.
La teoria ecologica del valore di Marx sosteneva che la produzione di valore sotto il capitalismo ha indebolito gli elementi naturali-materiale/valore d’uso di ricchezza, generando contraddizioni non solo in relazione al lavoro, ma anche in rapporto con la natura. Nel complesso le analisi del valore ecologico di Marx rivelano le contraddizioni insite nel rapporto tra capitalismo e natura considerata come “un dono gratuito per il capitale.”

Lei ha citato le generazioni di marxisti che hanno cercato di interpretare le distruzioni ecologiche attraverso la lente dell’enorme lavoro di Marx ed Engels. Come si fa a concepire la storia tra il marxismo ed ecologia?

JBF: La storia del rapporto del socialismo con l’ecologia non è molto conosciuta. La ragione principale di questo è che l’ecologia come modo di intendere il mondo era un prodotto della scienza naturale più che delle scienze sociali e ancor più della teoria culturale. Ma il marxismo quando fu rivalutato in occidente negli anno ‘60 è stato contraddistinto dalla classica analisi marxista in quanto essa escludeva, in gran parte, la scienza naturali e con essa la natura stessa dalla tradizione marxiana.
Se guardiamo solo al periodo che va dagli anni post-seconda guerra mondiale ad oggi, e se ci concentriamo su quelli che possono essere chiamati ecosocialisti o marxisti ecologici, otteniamo un quadro abbastanza coerente, almeno nel mondo di lingua inglese. C’è stata una “fase pre-figurativa”, in cui ci sono stati enormi contributi da parte di individui come K. William Kapp, Barry Commoner, Virginia Brodine, Paul Sweezy, Charles H. Anderson, e Alan Schnaiberg, tra gli altri. In questa prima fase si è generalmente assunto che il marxismo/socialismo e l’ecologia era un ottimo connubio. Questo fu seguito da un primo ed un secondo stadio esocialista..
La storia del marxismo ed ecologia si complica, naturalmente, se si guarda indietro al periodo che va dalla fine del XIX secolo alla seconda guerra mondiale. Qui troviamo diverse generazioni di teorici ecologici socialisti che sono stati profondamente influenzati sia da Marx che da Darwin, in particolare in Gran Bretagna. E‘ in questo periodo che il socialismo ha avuto la sua influenza principale sulla ecologia. Questo è stato prima della nascita del movimento ecologico moderno, cosi che gli importanti sviluppi intellettuali di quel tempo erano legati principalmente alla scoperta delle relazioni ecologiche fondamentali.

E in Unione Sovietica?

JBF: L’URSS aveva la scienza ecologica più dinamica del mondo nel 1920. Questa è stata in gran parte, ma non completamente, distrutta nelle purghe sotto Stalin. Nei decenni post-Stalin è in parte risorta, basata inizialmente sulle scienze naturali, ma questo non ha impedito all’Unione Sovietica di avere una relazione distruttiva con il suo ambiente. E‘ importante riconoscere che sono stati gli scienziati sovietici i primi a puntare al cambiamento climatico accelerato. Ci sono stati importanti sviluppi nell’ ecologia marxiana in URSS che solo ora stanno per essere riconosciuti. Logicamente, non vogliamo sostenere quello che è accaduto nella società sovietica o minimizzare i suoi fallimenti al fine di riconoscere il valore di correnti intellettuali critiche e le conquiste scientifiche originali.

Perché pensi che un sacco di studiosi ecologisti fanno questi grandi sforzi per ignorare, minimizzare, o prendere le distanze da queste intuizioni di Marx ed Engels?

JBF: Il fatto che esistano ancora tali divisioni non dovrebbe sorprenderci. L’ecosocialismo emerge soprattutto durante un periodo di declino della sinistra, negli anni ‘80 e ‘90. Il marxismo, ad alcuni occhi, è stato completamente screditato dalla caduta dell’Unione Sovietica. Intellettualmente in questo periodo abbiamo visto l’ascesa del postmodernismo. Allo stesso tempo, l’ideologia della guerra fredda persisteva, assumendo una sorta di versione di Guerra post-fredda, ma sempre pronta a criticare le idee marxiste. Alcune di queste idee sono filtrate nei movimenti ecologisti, nonostante la propria storia di sinistra.
Inoltre, il marxismo è una filosofia rivoluzionaria, legata alla convinzione, aspettativa, o allo sperare che la classe operaia sarà in grado di svolgere la propria auto-emancipazione. Alcuni studiosi di sinistra sono spaventati da questo. Altri sostengono che la classe operaia è per sua natura anti-ambientale.
Infine, la verità è che ci sono un sacco di ambientalisti non radicali, non contrari al capitalismo.. Uno dei difetti tradizionali degli attivisti e degli intellettuali ecologisti è quello di trattare i problemi ecologici come problemi della specie umane, come se non ci fossero vincitori e vinti dell’ecocidio.

Come si spiega questo errore di interpretazione ideologica?

JBF: Sì, ci sono tutti i tipi di varietà in questo concetto di “siamo tutti sulla stessa barca” all’interno di un ambientalismo liberale. Uno è il punto di vista malthusiano che tutti i problemi ecologici sono dovuti dalla presenza di troppe persone. Un altro è l’affermazione, fatta da Al Gore, che tutti noi risiedono su una terra astronave quindi siamo tutti essenzialmente nella stessa posizione.
Ian Angus ha dato la migliore risposta complessiva alla tua domanda, che io sappia, in un importante capitolo del suo nuovo libro Facing the Anthropocene: Fossil Capitalism and the Crisis of the Earth System (http://monthlyreview.org/product/facing_the_anthropocene/). Il capitolo è intitolato “Non siamo tutti sulla stessa barca” dove analizza da un punto di vista di classe, la disuguaglianze internazionale, insieme ad altre esclusioni connesse con l’aggravarsi della crisi del Antropocene.
La verità è che i problemi ambientali e l’incremento delle catastrofi per l’umanità hanno tutto a che fare con l’ingiustizia economica e ambientale e una società che mette l’accumulazione del capitale prima delle persone e del pianeta.

A prima vista gli articoli del libro sembrano essere indirizzati alla comunità scientifica. Cosa possono usare gli attivisti politici e le persone che sono interessate a risolvere i problemi ecologici?

JBF: “Marx e la Terra” è un libro, scritto per un pubblico più teoricamente indirizzato. Storicamente, il marxismo ha sempre preso lo sviluppo della teoria/scienza molto sul serio, senza la quale la prassi rivoluzionaria sarebbe impossibile. Nelle lotte per definire la critica del capitalismo includere l’ecologia marxista e ecosocialista è essenziale per ottenere la teoria e la scienza il più possibile corretta. La nostra pratica, la chiarezza delle nostre idee, il nostro modo di procedere dipende da questo.
La vera importanza del nostro lavoro dovrà poi essere affermata nella pratica.
La nostra anti-critica si conclude cercando di dare una base concreta per colmare quella spaccatura metabolica in Marx tra la sua insistenza sulla ricostruzione metabolica e la creazione di una società sostenibile. E’ questo che definisce principalmente la lotta ecologica del nostro tempo. Ma una ricostruzione può essere compiuta solo andando contro la logica del capitale all’interno di un più ampio movimento verso il socialismo

John Bellamy Foster è professore di Sociologia all’Università di Oregon, e direttore della rivista socialista americana “Monthly Review.” Ha pubblicato diversi libri di economia politica, su la teoria dell’imperialismo ed di ecologia marxista, alcuni dei quali sono stati pubblicati nella traduzione tedesca di Laika-Verlag.
John Bellamy Foster e Paul Burkett: Marx e la Terra. Una anti-critica. Brill, Leiden / Boston 2016, 316 pp, 115 Euro.

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